Si conferma come una delle tavole più interessanti della provincia di Latina questa insegna fondana ubicata all’ombra del Castello Caetani, in pieno centro. Quella di Maurizio De Filippis è una cucina di ricerca, molto attenta alle cotture o con un tocco di creatività volto a reinterpretare i classici della tradizione locale. Al menù à la carte si aggiungono 3 percorsi degustazione: i 5 portate di mare o di terra (Silvana Mangano e Giuseppe De Santis, a rimarcare l’origine del nome del ristorante) a 65 euro e il 7 portate misto “Non c’è pace tra gli ulivi” a 80 euro. Noi abbiamo optato per quest’ultimo, così da provare pure le preparazioni di terra, rimanendone piacevolmente colpiti. L’accoglienza è stata affidata a dei finger food disposti su un modellino del suddetto castello, tutti ottimi: la crocchetta di baccalà con crema di peperone, la scarpetta (pomodori in doppia consistenza) e la finta oliva ripiena di mousse di olio, il tutto accompagnato da un “finto” americano (Corinto) in cui l’apporto rinfrescante del cetriolo e degli agrumi e quello speziato del pepe erano dosati alla perfezione. Unico, vero, inciampo all’arrivo del pane: se i cracker e i grissini sono preparati in casa (buoni), il pane proveniente da un forno cittadino è da dimenticare, in quanto privo di odore, secco, piatto, davvero pessimo, tanto da indurci a mangiare al cucchiaino la sfiziosa ricotta di bufala mantecata con miele ed erbe aromatiche. Ci ha pensato un altro lievitato a rincuorarci: la pizza contemporanea lievitata almeno 36 ore, prima fritta poi cotta al forno, con gambero rosso marinato, mazzancolla cotta al vapore e granita di pesca e pomodoro. Ancora più buona la colazione fondana, una coreografica presentazione consistente in un maritozzo impastato con acqua di peperone e ripieno di baccalà mantecato da pucciare nel cappuccino di baccalà (con il pesce cotto nel latte) con alla base un biscotto di peperone. Attracco a terra con una variazione di maiale da applausi: sfoglia di patate a forma di suino con all’interno pulled pork, gyoza cotto al vapore e poi alla piastra con ragù di testa e guancia, mozzarella con salsiccia fondana e un corroborante brodo di ossa con coriandolo. Non ci ha entusiasmato, passando ai primi, il pacchero Pietro Massi (in luogo dei promessi fusilli riportati in carta) con burro acido e alici, quinoa soffiata, chips di alici, per via del formato della pasta a nostro avviso non adatto (sarebbe stato perfetto uno spaghetto) e per le chips di alici che immaginiamo pensate per dare croccantezza, ma che nella pratica risultavano fastidiose in bocca. Tutt’altro passo per i tortelli di genovese con ganache di pistacchio salato e grue di cacao, una preparazione da manuale, saporita ed equilibrata al tempo stesso, a cui è seguito il piatto migliore della serata, un fantastico agnello con il carré disossato servito con salsa cacio e ova e tartufo e la spalla e la coscia a riempire un dumpling di pane, con uno strepitoso gelato di cipolla in carpione ad alleggerire il tutto. Un finto occhio di bue, con albume di mousse di cioccolato bianco e tuorlo con sferificazione di passion fruit, ha resettato il palato in attesa del dolce, una golosa variazione di nocciola a cui abbiamo fatto seguire un buon espresso servito in tazzina di porcellana con un’ottima piccola pasticceria.
Migliorato rispetto alle precedenti esperienze, merito in gran parte della giovane e preparata sommelier, prodiga di spiegazioni su piatti e vini. Quando c’è passione in quello che si fa, i risultati si vedono.
Su ogni tavolo è disposta una bottiglia a norma di un olio EVO monovarietale Itrana realizzato con le olive dell’azienda agricola di famiglia lavorate da un frantoio nella vicina Lenola.
Ben fatta la carta dei vini, con una giusta attenzione al territorio laziale e al mondo bio natur. Non si indugia sui soliti noti, ma c’è ricerca. Da menzionare l’abilità negli accostamenti al calice, con opzioni anche originali ma sempre centrate.
Elegante l’interno che si sviluppa a L con tavoli ben dimensionati e dalla corretta mise en place. Piacevole il dehors interno protetto in parte da ombrelloni e in parte dal porticato.
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