Deciso miglioramento per questo ristorante in Prati che propone una cucina ricercata e sfiziosa, fruibile pure in due percorsi degustazione da 5 e 7 portate rispettivamente a 60 e 80 euro. Alla luce della visita di quest’anno non possiamo dire che i problemi segnalati l’anno scorso (essenzialmente eccesso di ingredienti nei piatti) siano scomparsi, ma ora abbiamo trovato un migliore equilibrio e cotture perfette: lavorando in sottrazione il miglioramento potrebbe essere sensibile. Accolti da un rinfrescante sorbetto di melone con sale di prosciutto, abbiamo dato il via alla nostra esperienza con dei gustosi finger food: cannolo di baccalà mantecato, patate cotte nella cenere a polvere di aglio nero, peperone con caponata e cestino con ceviche di ombrina. L’uovo di Colombo cotto a 63°C scompariva nel nugolo di ingredienti a contorno, quali patate, fagioli, zucca e semi di zucca tanto da risultare sì piacevole, ma poco incisivo e dalla tendenza dolce non contrastata a dovere, mentre abbiamo apprezzato l’anatra proposta in brodo dashi con grano saraceno. Due buone scelte si sono rivelate i primi piatti: la pasta e ceci con nocciole e baccalà dove il legume reso croccante e di consistenza simile alla nocciola donava quel quid in più, e i lumaconi con cavolfiore, pecora e suo fondo, un piatto saporito ed equilibrato al tempo stesso. Si sale di livello con i secondi: l’eccellente faraona al caffè con patate alla camomilla e cardoncelli all’orzo e l’altrettanto valido maiale al luppolo con orzo volutamente bruciato a dare una gradevolissima nota amarognola. Due deliziosi pre-dessert – macedonia di mela annurca e, soprattutto, granita di uva fragola con erbe spontanee – hanno introdotto i due dolci, entrambi ben eseguiti: melanzane al cioccolato e gli strepitosi cachi alla brace con mandorle affumicate e mascarpone. In chiusura un caffè migliorato rispetto allo scorso anno, ora ben estratto e di buona persistenza. In negativo segnaliamo il pepe già macinato servito su nostra richiesta e il cestino del pane, più bello a vedersi per varietà che buono all’assaggio.
Preparato e cortese, continua a dare la sensazione di poca spontaneità e malcelato autocompiacimento. Giusti i tempi.
Insieme al cestino del pane e al burro mantecato viene servito un olio EVO campano monovarietale Ravece, versato in un piattino da una bottiglia a norma.
Non risulta ampia ma denota cura la lista dei vini dedicata ai prodotti bio natur selezionati con competenza e proposti con ricarichi corretti. Bravo il sommelier a spiegare le caratteristiche delle diverse bottiglie e ad illustrare la proposta in mescita.
Un riuscito connubio fra l’essenzialità nordica con pareti spoglie in un contesto reso caldo dalla giusta illuminazione e dai tavoli in legno lasciati nudi. Piacevole la musica di sottofondo proveniente dal vinile.
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